Piazza del Popolo

Rielaborata architettonicamente dal  Valadier nel 1834, negli ultimi anni Piazza del Popolo si è trasformata in un elegante isola pedonale. Luogo di eventi politici e di concerti di fine stagione, è la porta rinascimentale della città. Provenienti dalla passeggiata da via del Corso, o dalle due vie Babuino e Ripetta. (il cosiddetto tridente) si arriva alla piazza , sulla quale si affacciano le due Chiese gemelle: Santa Maria del Montesanto e Santa Maria dei Miracoli, iniziate da Carlo Rainaldi e completate da Bernini con la collaborazione di Carlo Fontana.  Al centro della Piazza  si staglia l’obelisco Flaminio contornato ai lati da quattro leoni dalle cui bocche sgorga l’acqua che si raccoglie nelle sottostanti vasche. L’obelisco alto 24 metri, costruito ai tempi dei faraoni Ramsete II° e Mineptah (1232-1200 a.C.) è stato portato a Roma sotto Augusto, e prima di quest’ultima sistemazione si trovava al Circo Massimo.  A lato destro si sale per il Pincio, ( il Colle degli Ortuli) quello che anticamente era denominato l’Horti Domitii, dove si trovava la tomba di Nerone. In fondo alla piazza, verso destra, prima dell’arco trionfante si trova la chiesa di Santa Maria del Popolo, piccolo gioiello e patrimonio artistico. Ricostruita, come si sostiene, da Baccio Pontelli e da Andrea Bregno tra il 1472 e il 1477, ospita i dipinti di Caravaggio ‘La conversione di San Paolo’ e ‘La crocifissione di San Pietro’, ‘La Natività’ del Pinturicchio, ‘L’Assunzione’ di Annibale Carracci, le architetture di Raffaello e Bramante, le sculture di Andrea Bregno e di Bernini.

La porta a Nord della Città di Roma (Porta Flaminia) era chiamata Porta del Popolo, perché da questo ingresso affluivano in città i pellegrini provenienti a Roma da tutta Europa, e nel Medioevo era detta di San Valentino. Narrano le cronache che i romani che qui passavano erano spaventati da demoni  e streghe che avevano i loro raduni vicino ad un noce che era stato piantato, si diceva, sulla tomba di Nerone nell’area degli Horti Domitii. Si rivolsero al Papa   Pasquale II (1099-1118) ed egli decise che era necessario fare qualcosa. Ordinò tre giorni di digiuno e si ritirò a pregare la Vergine, la quale gli apparve e gli spiegò come liberare la città. Si doveva sradicare il noce, bruciarlo insieme alle ceneri dell’imperatore e gettare tutto nel Tevere. Abbattuto l’albero si trovò nel sottosuolo un’urna antica di porfido e le ceneri che conteneva furono sparse nel fiume. Poco tempo dopo, sul posto fu costruita una cappelletta, da cui prese origine la Chiesa di Santa Maria del Popolo. L’altare maggiore della chiesa si troverebbe proprio nel punto dove era piantato il noce diabolico. Nei bassorilievi dell’arco che sovrasta l’altare, eseguiti nel 1627, Pasquale è raffigurato nell’atto di abbattere il noce, sia pure anacronisticamente circondato da guardie svizzere.

Piazza del Campidoglio

Guardando l’Altare della Patria, a destra troviamo prima  la scalinata spoglia per la Chiesa dell’Aracoeli, a fianco  quella ampia e marmorea che ci porta alla Piazza del Campidoglio. La pavimentazione della  piazza è stata finita nel 1940 su disegno di Michelangelo, il quale aveva disegnato e riprogettato nei minimi particolari, l’intero assetto della piazza, palazzi compresi. La piazza infatti  è orientata verso S. Pietro, non più verso il Foro, in quanto era quello il nuovo centro politico. I lavori furono commissionati a Michelangelo dall’allora Papa Paolo III il quale si era vergognato dello stato in cui versava il celebre colle (all’epoca era chiamato anche “colle caprino”, in quanto era utilizzato per il pascolo delle capre).  Al centro della piazza troviamo la statua di Marco Aurelio (oggi una copia, l’originale si trova nei Musei Capitolini), proveniente da S. Giovanni in Laterano. Michelangelo pensò di costruire un nuovo palazzo, detto per  questo Palazzo Nuovo per chiudere la prospettiva verso la chiesa di Santa Maria in Aracoeli, ridisegnò il Palazzo dei Conservatori eliminando tutte le strutture medievali, armonizzandolo con  il Palazzo Senatorio a cui aggiunse una doppia scalinata che serviva per accedere al nuovo ingresso, non più rivolto verso i fori ma verso la piazza; il Buonarroti progettò anche la scalinata della Cordonata e la balaustra da cui ci si affaccia alla sottostante piazza D’Aracoeli. Peccato che per colpa dei lavori che andavano a rilento non potè vedere l’opera sua finita.
Il Palazzo Senatorio è oggi sede del  Comune di Roma, mentre i Musei Capitolini, aperti nel 1735 (uno dei musei pubblici più antichi del mondo) sono ospitati negli altri due palazzi, congiunti anche da una galleria sotterranea la Galleria Lapidaria (Il Palazzo dei Conservatori e Palazzo Nuovo). Tra pitture, reperti archeologici, statue e oggetti vari, è una visita da non perdere, un viaggio nel tempo affascinante e meraviglioso.
Il nome di Campidoglio deriva secondo una leggenda dal ritrovamento del teschio di un guerriero etrusco, un certo Tolus, mentre si scavava per le fondamenta del tempio di Giove, da cui Caput Toli, poi Capitolium ed infine Campidoglio.

La Pietra dello scandalo.
Il termine scandalo deriva dal greco skandalon, che significa ostacolo, inciampo per cui ‘cattivo esempio’. Al tempo dei romani, nei pressi del Campidoglio c’era un masso ‘Scandalum’, dove i commercianti che fallivano, venivano fatti sedere, e così davanti al popolo riconoscere il proprio fallimento, pronunciando una frase di rito: “Cedo Bona” (Cedo i miei averi). In questo modo i creditori venivano risarciti e lo sfortunato perdeva dei diritti e non era più perseguito dalla legge.
La persistenza dell’uso è testimoniata nella pietra dello scandalo ancora esistente nella Loggia del Porcellino a Firenze.

Le Oche del Campidoglio.
L’avvenimento leggendario che vide come protagoniste le oche del Campidoglio fa parte della storia della città di Roma. Secondo la leggenda sarebbe avvenuto sul colle del Campidoglio nel 390 a.C.  (per alcuni, nel 387 a.C.) I Galli di Brenno assediavano Roma e cercavano un modo per penetrare nel colle. Le  oche, unici animali superstiti alla fame degli assediati perché sacre a Giunone,  cominciarono a starnazzare rumorosamente avvertendo del pericolo l’ex Console Marco Manlio e i romani assediati. Marco Manlio venne per questo episodio denominato Capitolino. L’assedio fu respinto e con l’arrivo delle truppe del condottiero Marco Furio Camillo si cominciò a ribaltare le sorti della guerra a favore dei romani. E’ di Brenno la frase storica “ Vae Victis” (Guai ai vinti). Altrettanto storica quella di Camillo “Non auro, sed ferro, recuperanda est patria” (“Non con l’oro, ma con il ferro, si riscatta la patria”).

La Rupe Tarpea.
Sul versante opposto del Campidoglio si trova una parete particolarmente scoscesa e aspra, chiamata Rupe Tarpea, dalla quale anticamente venivano precipitati i condannati a morte per tradimento. Il suo nome deriva da Tarpea, la mitica figlia del guardiano del Campidoglio, che nell’VIII secolo a.C. tradì il suo popolo, rivelando ai Sabini, in guerra con Roma, come arrivare alla sommità del colle fortificato, e per questo anch’essa fattavi precipitare.

La Chiesa di Santa Maria in Aracoeli
La Chiesa di S.Maria in Aracoeli, risalente al quarto secolo, sorta dove, in base alla leggenda, la Sibilla predisse ad Augusto l’avvento del Redentore. A ricostruirla in stile romanico-gotico saranno i Frati Francescani Minori ai quali venne affidata nel 1250 da Innocenzo IV°.Oltre ad essere luogo di culto, divenne centro della vita politica di Roma, tanto che vi si tennero assemblee popolari del libero comune. Qui nel 1341 fu laureato poeta Francesco Petrarca; qui si svolse, nel 1571, il trionfo di Marcantonio Colonna per festeggiare la vittoria nella Battaglia di Lepanto (e per l’occasione fu costruito il soffitto che ancor oggi possiamo ammirare); qui si svolge ancora, ogni fine d’anno, il Te Deum di ringraziamento del popolo romano. La chiesa era ed è  famosa anche per il “Santo Bambino”, una scultura in legno del bambino Gesù intagliata nel XV secolo nel legno d’olivo proveniente dal  Giardino del Getsemani, da un francescano alla fine del quattrocento, e ricoperta di preziosissimi ex-voto. Per i romani è semplicemente ‘er Pupo’. Secondo la credenza popolare era dotata di poteri miracolosi ed i fedeli vi si recavano per chiedere la grazia da un male o da una disgrazia. Nel 1800 c’era addirittura una carrozza dei Torlonia a disposizione dei frati per portare il Bambinello ai malati. Si dice che le sue labbra divenissero rosse quando stava per avvenire la grazia; impallidivano quando non c’era nulla da fare. La statua è stata rubata nel febbraio del 1994 e mai più ritrovata. Oggi al suo posto è presente una copia, alla quale non mancano nuovi ex voto.

Altare della patria – Vittoriano

A Piazza Venezia mettendoci con le spalle a Via del Corso  abbiamo la vista del  ’ Monumento Al Milite Ignoto’, o Vittoriano. Il nome deriva da Vittorio Emanuele II, il primo re d’Italia.
Alla sua morte, nel 1878, fu deciso di innalzare un monumento che celebrasse il Padre della Patria e con lui l’intera stagione risorgimentale. Dopo una lunga e accurata selezione la commissione reale votò il progetto di Giuseppe Sacconi, giovane architetto marchigiano. Il Vittoriano doveva essere uno spazio aperto ai cittadini. Alla morte del Sacconi, nel 1905,   subentrarono gli architetti Gaetano Koch, Manfredo Manfredi e Pio Piacentini, che si trovarono a dover risolvere vari problemi. Alla presenza di Vittorio Emanuele III si inaugura  il 4 giugno 1911 la grandiosa statua equestre del re, alta 12 metri e lunga 10. Fu il momento culminante dell’Esposizione Internazionale che celebrava i cinquanta anni dell’Italia unita. I Lavori però proseguirono fino al 1935 in quanto, per vari motivi logistici e di esproprio per acquisire lo spazio necessario alla costruzione, andarono un po’ a rilento. La costruzione del monumento stesso subì varie modifiche. Furono buttati giù il cavalcavia di collegamento con Palazzo Venezia, viene abbattuta la Torre di Paolo III, i tre chiostri del convento dell’Ara coeli e tutta l’edilizia minore presente sulle pendici del Campidoglio. Si decide lo spostamento della Chiesa di S. Rita e del palazzetto Venezia per garantire la visuale completa del Monumento dalla Piazza.
L’altare della Patria è una porzione del complesso, nata da un’idea del 1906. Realizzato, dopo un lungo dibattito, dallo scultore bresciano Angelo Zanelli, che aveva vinto il concorso, viene completato, dopo la traslazione del Milite Ignoto, nel 1921. Nel 1958 viene collocata la statua della dea Roma.
Fra il 1924 e il 1927 vengono posizionati sui propilei: la ‘quadriglia dell’Unità’ di Carlo Fontana e la ’quadriglia della libertà’ di Paolo Bartolini.
Tutti gli artisti e artigiani che lavorarono al Vittoriano, in particolare i 70 scultori provenienti da ogni parte d’Italia, considerarono un onore partecipare ad una impresa così grande e così complessa.
Nel 1987  iniziano i primi lavori di restauro protrattisi si può dire fino ad oggi, recuperando e rendendo impermeabili le terrazze e le scalee di copertura dell’avancorpo di destra. Vengono rifatti i grandi lucernai, gran parte della pavimentazione, ripristinate le due fontane laterali raffiguranti il Tirreno e l’Adriatico e sbloccato il meccanismo di sollevamento della cancellata in ferro, rimasta bloccata per anni sotto la quota del terreno. Si è pure rinvenuta all’interno del cavallo del re una pergamena con le firme dei partecipanti ad un brindisi, tra cui il proprietario della fonderia che eseguì la statua, G.B. Bastianelli, e l’architetto M. Manfredi.
Nel 1997 viene pure implementato il nuovo impianto di illuminazione, e sono stati recuperati, inoltre, alcuni ambienti del piano terreno adibiti così all’accoglienza dei visitatori (punto ristoro e libreria). Nel 2007 è stato inaugurato l’impianto di ascensori che dà la possibilità di godere di una vista mozzafiato sulla città di Roma. Oggi all’interno del complesso vengono ospitate le mostre più famose di artisti italiani e internazionali, contribuendo ancor più nella sua opera di divulgazione culturale. Identificato quasi sempre, solo, come l’Altare della Patria, è  soprannominato scherzosamente dai romani, la “Macchina da Scrivere” o anche la “Torta nuziale” perché ne ricorda le  forme.

Il Pantheon

Con l’autobus 64 da Termini o il 40 da via Nazionale possiamo raggiungere uno dei monumenti più sorprendenti per l’architettura tramandataci dal tempo dei romani: il Pantheon.  E’ l’imperatore Adriano tra il 118 ed il 125 dopo Cristo a far ricostruire completamente il Pantheon (tempio consacrato a tutte le divinità) di Agrippa, rovesciandone l’orientamento di 180 gradi e aprendo davanti al nuovo tempio una grande piazza porticata. (oggi Piazza della Rotonda). L’innovazione rivoluzionaria è rappresentata dall’accostamento d’un edificio rotondo (coperto da una cupola perfettamente emisferica) a un pronào rettangolare e colonnato (largo oltre 33 metri e lungo 15,50); in pratica alle prima visione esterna d’un tempio canonico con le sue colonne massicce, segue una visione interna predisposta in modo che il visitatore percepisca uno spazio unitario, corrispondente al volume d’una sfera. Tutto l’edificio insiste su una fondazione anulare in calcestruzzo, larga oltre 7 metri e spessa 4.50; un muro circolare, spesso 6 metri, intervallato da nicchie ed esedre, sorregge il tamburo alto più di 30 metri; la cupola a cinque ordini di cassettoni ha un diametro di 43,30 metri e si apre con un occhio centrale del diametro di 9 metri, che illumina tutto il vano interno. Il Pantheon è il monumento più rappresentativo dell’architettura romana e la sua conservazione (come tanti altri templi pagani) è dovuta alla trasformazione in chiesa S.Maria ad Martyres, 605 – 609 d.C, proprio nel momento decisivo del trapasso dalla città antica e pagana alla città nuova e cristiana. Oggi all’interno ospita le tombe del pittore, Raffaello Sanzio, di Vittorio Emanuele II°, di Umberto I°, di Margherita di Savoia.
Anche Piazza della Rotonda è una di quelle piazze amate  dal popolo, punto di ritrovo non solo di turisti, ma anche dai giovani romani o stranieri che qui si riuniscono, specialmente nelle serate estive.

Piazza Santi Apostoli

Vicinissima a Piazza Venezia, a piedi, prendendo la direzione di via XX settembre, si raggiunge una delle piazze famose per le manifestazioni politiche e sindacali. La piazza dei Santi Apostoli prende nome dall’omonima Basilica, risalente, sembra,  al III secolo. Si dice che per realizzarla siano stati utilizzati i marmi sottratti al foro di Traiano, cosa che, pur non avendo alcun riscontro, non  stupirebbe, visto l’uso nei secoli scorsi, che se ne è fatto dei resti dell’antica Roma. ?Martino V Colonna, nel corso dei lavori di costruzione del primo nucleo del Palazzo Colonna, contribuì a restituirle l’importanza e lo splendore che aveva perduto a causa del lungo abbandono medievale. Come tutte le chiese romane risente dei molteplici restauri eseguiti nel corso dei secoli.?Lo splendido portico a nove arcate, che precede la facciata, fu eseguito per papa Sisto IV e rimane uno dei più straordinari esempi dell’architettura quattrocentesca. Ad un altro grande maestro del ‘400, Melozzo da Forlì, Sisto IV diede incarico di decorare l’abside. L’affresco staccato e smembrato nel ‘700, è attualmente diviso tra il palazzo del Quirinale e la Pinacoteca Vaticana.?In questa basilica avrebbe dovuto trovare sepoltura Michelangelo, ma il corpo dell’artista fu trafugato e portato a Firenze dal nipote, per essere sepolto nella chiesa di Santa Croce a Firenze.
Sempre su questa piazza troviamo il Museo delle cere fondato nel 1958 da Ferdinando  Canini, ispirato dai musei simili di Londra e Parigi. La raccolta è la prima in Italia e la terza in Europa per il numero dei personaggi rappresentati. Nelle dieci sale trovano posto personaggi famosi di ieri e di oggi, di artisti , letterati, uomini di stati, ed anche personaggi delle favole collocati in ambientazioni sceniche. E’ veramente una visita suggestiva da non perdere.